Le vicende artistiche spoletine a cavallo tra Ottocento e Novecento risentono fortemente della situazione politica post-unitaria della Regione che si presenta come un territorio poco avvezzo ad aprirsi alle novità stilistiche e culturali in atto e che stenta a tenere il passo con i tempi.
Fanno eccezione alcuni artisti che sentono l’esigenza di aggiornare il loro linguaggio alle nuove tendenze, come Cesare Augusto Detti, l’eclettico artista spoletino che dopo la formazione accademica e le iniziali esperienze a Roma si stabilisce definitivamente a Parigi nel 1880 riscuotendo la notorietà grazie ad una produzione di grande effetto e di facile consumo, amata soprattutto dalla classe borghese.
Il piccolo ritratto qui presentato fu donato insieme ad altre opere dell’autore alla Pinacoteca Comunale di Spoleto nel febbraio del 1937 dalla figlia Anna Detti Parmeggiani che così descriveva il dipinto “Il ritratto di mio padre, il pittore Cesare Detti con mio fratello in costumi del ‘600 […] che disgraziatamente non è completamente finito”.
Detti, che entra a far parte della famiglia di mercanti e falsari Filieuse-Marcy alla quale apparteneva la moglie Emilié, è anche collezionista e antiquario e si circonda di dipinti e manufatti di tutti i generi e provenienze con predilezione per armi e armature, stoffe, costumi e accessori che utilizza per le sue rappresentazioni.
Nella sua cospicua ed eclettica produzione di scene di genere il Detti coinvolge sovente i suoi familiari abbigliandoli in costumi d’epoca; in questo caso il pittore si ritrae con l’armatura a fianco del proprio figlio Cesare Gonzalo con evidenti riferimenti stilistici alla ritrattistica veneta, fiamminga e olandese.
La data di nascita del figlio qui ritratto ci permette di datare l’opera alla seconda metà degli anni Ottanta dell’Ottocento.