L’opera, proveniente dalla donazione Carandente, fu una delle sculture di Franchina esposte nel 1966 nella sala personale dedicatagli dalla Biennale di Venezia (a cui partecipò con altre mostre personali nel 1972 e nel 1986). Il titolo Double si riferisce ad un doppio involucro esterno appuntito, levigato e rifinito, smaltato di bianco, che protegge e contiene il centro vitale della scultura stessa, fatto di tondini di ferro organici, come fossero vasi linfatici dentro una corteccia o ramificazioni in fase di crescita.
Il periodo informale di Franchina (di cui è testimonianza la scultura Spoleto 62, da anni ricollocata nella sede originaria del 1962 di fronte al Palazzo del Comune, con il rispettivo bozzetto esposto in galleria dopo la recente concessione in comodato di Roberto Farchioni) nell’opera Double viene fuso con quello dei primordi, più levigato, aerodinamico e di origine “industriale”. Si trattava in quest’ultimo caso di opere in cui l’artista era solito lavorare insieme a operai specializzati in officine e autocarrozzerie, utilizzando lamiere saldate e verniciate che erano le stesse impiegate per produrre sportelli e cofani di automobili.
Franchina (di cui la collezione della GAM di Spoleto conserva anche una scultura ingegneristica e aerodinamica, smaltata di rosso, quale Ala rossa del 1952 e un disegno a forma di stella del 1961) è stato uno dei primi scultori italiani della cosiddetta “età del ferro” ad aver abbinato in modo esplicito aspirazioni tecnologiche e industriali a contenuti plastici ed estetici (nel 1959 realizzerà Commessa 60124 per conto dell’Italsider, opera alta quindici metri poi distrutta). Nel 1968 Giovanni Carandente curò una sua monografia, mentre la sua prima mostra antologica sarà organizzata da Enrico Crispolti a Gubbio presso il Palazzo dei Consoli nel 1975.
Oggi l’Archivio Franchina è conservato a Cortona, avendo lo scultore sposato la figlia del futurista Gino Severini, originario della cittadina toscana.